giovedì 19 luglio 2012

Raccontare l'Arte: Eugenio Leonetti



Eugenio Leonetti, 55 anni e più di 5mila opere all’attivo, è un artista di Andria. Si dice che nessuno sia santo in patria, e questo è vero anche per lui. Numerosi riconoscimenti, premi, critiche autorevoli, ma qui erano in pochi a conoscerlo. Quando incontri la passione, mista al dolore che la vita “regala”, non puoi far a meno di sentirti coinvolta. Dopo aver chiacchierato a lungo con Eugenio ho appuntato questo: “L’arte in tutte le sue forme! …Ed emozionarsi quando si può essere a stretto contatto con essa e con chi la produce muovendosi e non muovendosi per produrla. Rari momenti di felicità profonda”. Abbiamo cercato di ripercorrere tutta la sua vita artistica e anche un po’ quella privata, da cui non si può prescindere, dai primi disegni ad acquarello dei 6 anni fino ad arrivare alle sculture di oggi e al suo Waiting con il quale ha partecipato al “Premio Arte Mondadori” del 2011, rientrando tra i 40 finalisti su 2400 opere in concorso.  Tutto questo, passando per il divisionismo e il puntinismo dei ribelli anni preadolescenziali “incontrando” Renzo Vespiniani; proseguendo poi dritti per la sua prima mostra a 17 anni nella nostra città durante la quale vendette tutte le sue opere. Questo buon risultato gli permise un soggiorno ispiratore a Misilmeri, un piccolo paese della provincia di Palermo, in cui fu catturato dai colori, che non l’avevano mai interessato, e che riabbandonerà successivamente, per realizzare tele nelle quali al paesaggio veniva anteposto un singolo elemento. In seguito si occuperà di grafica utilizzando la china e ritornando così al nero. Sperimenterà inoltre il connubio olio e acrilico. Dopo un periodo di silenzio artistico, durato circa 5 anni, Eugenio ritorna all’arte grazie ad una promessa fatta in punto di morte a sua madre, la donna che gli ha regalato il punto di vista di una creativa sul mondo e sulla vita stessa sin da bambino. Torna ai suoi lavori con la matita per “riprendere la mano”. “Non avevo dimenticato nulla”, e la dimostrazione è uno strepitoso Sperimentazioni che mi mostra: un foglio bianco a contenere precisissimi tratti di matita. Questa è l’arte che rende liberi di perdersi protetti da fumo in ossido a delimitare i contorni. Un flusso di coscienza figurativa, il suo che, unito al caffè e al vino, genera pensieri malinconici, dolorosi, con piccoli spiragli di colore o luce. Guardiamo dei lavori che tira fuori da un pacco portato per l’occasione, mi dice: “non finisco mai un quadro. È come se stessero riposando in attesa della carezza finale”, che lui sa già dove e come sarà. Passiamo ad un altro momento della sua vita e ad altre sperimentazioni che vedono protagoniste delle riviste d’epoca. Centinaia di lavori micro che gli permettono di viaggiare: il desiderio che esplica realizzandoli.  Arriviamo così alle sculture che rappresentano la sua anima, adesso. È passato da cornici che avvolgevano complesse sovrapposizioni a box che contengono. Il nero continua ad essere il colore predominate unito all’elaborazione di lastre radiografiche, apprezzate dal noto critico d’arte Vittorio Sgarbi, con l’aggiunta di elementi (sfere, conchiglie) ricoperti di nero e reti a opacizzare il tutto. Il disordine creativo, che mi fa sentire a mio agio, la gioia e l’emozione di una fanciullezza matura, il racconto della sua passione artistica e per la sua meravigliosa famiglia fanno di Eugenio Leonetti, prima che un artista, un uomo sensibile e attento. Curioso per cogliere e condividere.  “Non mi è mai piaciuto fare cose definite. L’indefinito mi serve a liberare e a regalare un’anima alle cose”. E guardandole, quelle opere, ci si sente un po’ più liberi.

#domaniandriese









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