E questa volta, per questo
racconto, sento di dover utilizzare un registro nuovo per questo spazio; un
registro comunicativo meno canonico ma che è mio e devo farlo perché devo
raccontarvi di due Artisti, Stefano Ricci e Gianni Forte; di Imitation of
death; della mia esperienza romana e in qualche modo anche di me.
Di solito le presentazioni si
fanno all’inizio ma farle in corso d’opera è sicuramente più divertente.
Scrivo questi racconti che sono
di andriesi che ho amato definire “well done”. Il desiderio era quello di
colorare una sfumatura vivace in un periodo storico triste e pieno di
lamentele.
Elogio all’Arte intesa a
trecentosessanta gradi.
Questo vuol essere, questo spero
sia stato, questo spero sia.
Faccio la psicologa e sono una
specializzanda in psicoterapia e psicodramma ( se soprattutto quest’ultima non
vi dice nulla o desta curiosità leggete qui http://noetichette.blogspot.it/2011/10/intimita-collettiva-non-governata.html)
.
Oltre ad avere una spiccata
assenza del concetto di normalità ho intrapreso una ricerca che riguarda gli
attori come persone e per far questo non potevo non partire da chi in Italia è
creatore di una nuova comunicazione artistica e di un diverso modo di
“utilizzare” gli attori.
Ecco che contatto Gianni Forte,
un anno fa. Prendiamo appuntamento al cafè della Feltrinelli, a Roma, quello di
Largo Argentina e avvolti da libri e dall’odore del caffè, discutiamo di
teatro, di persone-personaggi, “malattia” mentale –per quest’ultima “colpevole”
il mio “Diario di una schizofrenica” con copertina giallo limone- e la
possibilità di assistere alla preparazione dello spettacolo che hanno in
cantiere da un po’: Imitation of death, appunto.
Accetta. Accettano. Siamo
entusiasti.
Settembre 2012, sono al Palladium
e osservo di lontano.
La storia di Ricci-Forte ormai è
conosciuta anche oltre i confini europei ma forse non tutti sanno che la loro
vita come drammaturghi, così com’è, parte dall’intuizione di altri due andriesi,
Francesco Fisfola e Riccardo Carbutti rispettivamente Direttore della
produzione e Direttore artistico di quel Festival Internazionale Castel dei
Mondi del 2006. Un laboratorio che portò alla realizzazione di Troia’s discount
e a seguire, fino al 2009, con Metamorphhotel e Wunderkammer nel 2007, 100%
Furioso nel 2008 e Macadamia Nut Brittle. Poi il silenzio. Cambiata la bandiera
del “comando”, chiusa la porta. Non so se sia stata semplice coincidenza, fatto
è che il 2009 è stato il loro ultimo anno qui.
Sembra troppo tempo fa.
Dai Cesaroni (sono loro gli
artefici di quella prima parte della Fiction che ha avuto un eccellente
riscontro da parte del pubblico) a questo teatro non c’è da stupirsi perché a
parlare sono sempre le stesse essenze, quelle di Ricci-Forte, che fanno Arte.
Una nuova comunicazione.
Assolutamente nuova.
Guardando “Sei personaggi in
cerca d’autore” del Maestro Luigi Pirandello ho pensato che in Ricci-Forte i
personaggi ritornano ad essere persone, a toccare di nuovo se stesse –a volte
per la prima volta- divenendo essi stessi autori dei personaggi che saliranno
su quel palcoscenico. Quindi non un travestimento ma uno spogliarsi, reale, a
beneficio delle molteplici facce della verità.
Non molto tempo fa, a proposito
del nudo integrale utilizzato da questi artisti scrivevo: “quando comprendi che
i corpi sono mezzi di comunicazione, smetti di fingere sconcerto e scandalo,
guardando gli spettacoli di Ricci-Forte, e ti sintonizzi con la tua parte
profonda.”
Il percorso di Gianni e Stefano
attraversa trasversalmente quella che è contemporaneità.
La critica nazionale si divide
tra chi li stima profondamente, su tutti Andrea Porcheddu, e chi li critica
aspramente addirittura senza aver visto nemmeno lo spettacolo, e qui non cito
nessuno per non partecipare al gioco dell’apparire a tutti i costi.
Molti andriesi si sentono orfani
di questo teatro e di questi artisti, si sentono orfani dell’esperienza che
resta il vedere –e partecipare- ad uno dei loro spettacoli perché si dice che
Ricci-Forte o li ami o li odii ma non ti lasciano mai indifferente.
Imitation of death, che sta
girando l’Italia e poi l’Europa, sembra un punto d’arrivo nelle viscere, un
crescendo, un’introspezione come l’ha definita l’ex direttore artistico del
Festival Francesco Fisfola.
Un’introspezione, aggiungo, che è
un inno alla vita che passa attraverso quelle esperienze che fanno morire una
parte di noi e che poi ci regalano una nuova vita. Un battesimo che segue la
lettura del pensiero che è ormai comune e che produce tanti meccanici orsetti
uguali; le tacche segnate dal passato e quelle segnate dalla proiezione al
futuro che stanca a forza di segnarlo.
Sono sedici performer, persone,
tenuti insieme da due Artisti.
È davvero utopia pensare di
rivederli ad Andria?
#domaniandriese
#domaniandriese
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