giovedì 8 novembre 2012

Raccontare l'Arte: Ricci Forte



E questa volta, per questo racconto, sento di dover utilizzare un registro nuovo per questo spazio; un registro comunicativo meno canonico ma che è mio e devo farlo perché devo raccontarvi di due Artisti, Stefano Ricci e Gianni Forte; di Imitation of death; della mia esperienza romana e in qualche modo anche di me.
Di solito le presentazioni si fanno all’inizio ma farle in corso d’opera è sicuramente più divertente.
Scrivo questi racconti che sono di andriesi che ho amato definire “well done”. Il desiderio era quello di colorare una sfumatura vivace in un periodo storico triste e pieno di lamentele.
Elogio all’Arte intesa a trecentosessanta gradi.
Questo vuol essere, questo spero sia stato, questo spero sia.
Faccio la psicologa e sono una specializzanda in psicoterapia e psicodramma ( se soprattutto quest’ultima non vi dice nulla o desta curiosità leggete qui http://noetichette.blogspot.it/2011/10/intimita-collettiva-non-governata.html) .
Oltre ad avere una spiccata assenza del concetto di normalità ho intrapreso una ricerca che riguarda gli attori come persone e per far questo non potevo non partire da chi in Italia è creatore di una nuova comunicazione artistica e di un diverso modo di “utilizzare” gli attori.
Ecco che contatto Gianni Forte, un anno fa. Prendiamo appuntamento al cafè della Feltrinelli, a Roma, quello di Largo Argentina e avvolti da libri e dall’odore del caffè, discutiamo di teatro, di persone-personaggi, “malattia” mentale –per quest’ultima “colpevole” il mio “Diario di una schizofrenica” con copertina giallo limone- e la possibilità di assistere alla preparazione dello spettacolo che hanno in cantiere da un po’: Imitation of death, appunto.
Accetta. Accettano. Siamo entusiasti.
Settembre 2012, sono al Palladium e osservo di lontano.
La storia di Ricci-Forte ormai è conosciuta anche oltre i confini europei ma forse non tutti sanno che la loro vita come drammaturghi, così com’è, parte dall’intuizione di altri due andriesi, Francesco Fisfola e Riccardo Carbutti rispettivamente Direttore della produzione e Direttore artistico di quel Festival Internazionale Castel dei Mondi del 2006. Un laboratorio che portò alla realizzazione di Troia’s discount e a seguire, fino al 2009, con Metamorphhotel e Wunderkammer nel 2007, 100% Furioso nel 2008 e Macadamia Nut Brittle. Poi il silenzio. Cambiata la bandiera del “comando”, chiusa la porta. Non so se sia stata semplice coincidenza, fatto è che il 2009 è stato il loro ultimo anno qui.
Sembra troppo tempo fa.
Dai Cesaroni (sono loro gli artefici di quella prima parte della Fiction che ha avuto un eccellente riscontro da parte del pubblico) a questo teatro non c’è da stupirsi perché a parlare sono sempre le stesse essenze, quelle di Ricci-Forte, che fanno Arte.
Una nuova comunicazione. Assolutamente nuova.
Guardando “Sei personaggi in cerca d’autore” del Maestro Luigi Pirandello ho pensato che in Ricci-Forte i personaggi ritornano ad essere persone, a toccare di nuovo se stesse –a volte per la prima volta- divenendo essi stessi autori dei personaggi che saliranno su quel palcoscenico. Quindi non un travestimento ma uno spogliarsi, reale, a beneficio delle molteplici facce della verità.
Non molto tempo fa, a proposito del nudo integrale utilizzato da questi artisti scrivevo: “quando comprendi che i corpi sono mezzi di comunicazione, smetti di fingere sconcerto e scandalo, guardando gli spettacoli di Ricci-Forte, e ti sintonizzi con la tua parte profonda.”
Il percorso di Gianni e Stefano attraversa trasversalmente quella che è contemporaneità.
La critica nazionale si divide tra chi li stima profondamente, su tutti Andrea Porcheddu, e chi li critica aspramente addirittura senza aver visto nemmeno lo spettacolo, e qui non cito nessuno per non partecipare al gioco dell’apparire a tutti i costi.
Molti andriesi si sentono orfani di questo teatro e di questi artisti, si sentono orfani dell’esperienza che resta il vedere –e partecipare- ad uno dei loro spettacoli perché si dice che Ricci-Forte o li ami o li odii ma non ti lasciano mai indifferente.
Imitation of death, che sta girando l’Italia e poi l’Europa, sembra un punto d’arrivo nelle viscere, un crescendo, un’introspezione come l’ha definita l’ex direttore artistico del Festival Francesco Fisfola.
Un’introspezione, aggiungo, che è un inno alla vita che passa attraverso quelle esperienze che fanno morire una parte di noi e che poi ci regalano una nuova vita. Un battesimo che segue la lettura del pensiero che è ormai comune e che produce tanti meccanici orsetti uguali; le tacche segnate dal passato e quelle segnate dalla proiezione al futuro che stanca a forza di segnarlo.
Sono sedici performer, persone, tenuti insieme da due Artisti.
È davvero utopia pensare di rivederli ad Andria?

#domaniandriese

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